San Giuliano in Bosco: nome vicino a Gradella e Nosadello nella plebe di Spino che oggi identifica una cascina. Doveva essere una chiesa considerevole se nel 1261 pagò l'ingente taglia di soldi 10 e denari 9 imposta al clero lodigiano dal nobile Guala, legato pontificio. Qualche storico, tuttavia, ha formulato l'ipotesi che con tale denominazione venisse identificato un tempo il santuario della Madonna del Bosco.
La chiesa di santa Maria del Mejo che aveva dato il nome alla località sulla strada Pandina, ora chiamata Cascinetta. Forse fu l'ultima parrocchiale, infatti, in passato si sono trovate vestigia di fabbricati, ossa di morti, sepolture antiche.
La chiesa di san Pietro, costruita presso l'attuale omonima cascina, La sua esistenza viene tramandata come tradizione, però ne hanno dato conferma i resti archeologici. I documenti d'archivio affermano che tale località fosse proprietà della confraternita della Santissima Trinità di Lodi, poi affittata nel 1775 al conte Giuseppe Casati.
La chiesa di san Rocco: Secondo lo storico Agnelli, aveva anche un convento di frati ed era nell'odierna cascina Gamello, proprietà nel 1825 della principessa Cristina Belgioioso, Secondo Isidoro Bianchi si trovava sulla Strada del Mulino; da documenti inerenti le proprietà della famiglia Garlappi la chiesa di San Rocco risulta nell'omonima cascina ora scomparsa, nella zona di via circonvallazione. La sua acquasantiera in granito si trova nella cascina Torre di Rivolta.
La chiesa di santo Stefano, nella vigna Salexeto. Nome perduto di un luogo nella plebe di Spino non identificato. Tale chiesa possedeva una vigna adiacente e confinava con altrettanto non ben identificato san Sigismondo. Nel 1192 il vescovo di Lodi don Alderico diede questo territorio in affitto perpetuo ad un certo Trabuco. Nel 1261 la chiesa pagò una taglia di due denari imperiali al notaio Guala legato pontificio.
È nota anche la presenza di due conventi: il convento delle benedettine di santa Redegonda nella cascina Squadra e il convento dei monaci di san Bernardo, dove ora sorge la casa parrocchiale.
Chiese in disuso
La chiesa di san Giuseppe
Non esiste alcun cenno storico sull'esistenza di questa piccolissima chiesetta che si trova presso la cascina Borlina, inserita completamente fra le case. All'esterno quasi nulla fa pensare alla sua presenza, perché solamente davanti ad un grande finestrone a vetri due angeli, come statue-sostegno di colonne di granito, la massiccia struttura, offrono richiamo di antichità e misticismo,
Internamente, appeso ad un semplice altare che occupa metà locale, il grande quadro raffigurante la “Fuga in Egitto” riempie quasi tutta la parete. L'inevitabile opera del tempo l'ha molto alterato; ha reso quasi invisibile ciò che forse era il segno più antico della chiesa, che ha comunque conservato la sua originale fisionomia, Non prive di valore artistico, pur senza opera di particolare pregio, nelle due nicchie laterali, con espressione propria delle antiche sculture, le grandi statue di san Domenico e san Giuseppe danno alla cappella una caratteristica tutta particolare che senz'altro ricca di significato. Infatti, più che una chiesa, potrebbe essere una cappella laterale di una grande chiesa o una parte del porticato di un convento, Una confermata ipotesi la potrebbe dare, soprattutto, la grande statua della “Madonna in ginocchio” che ha tutte le prerogative e tonalità di colori per assicurare la sua antichità; sistemata in un angolo che non può essere l'originale, dà l'impressione che, risparmiata dalle distruzioni, sia stata traslocata in questa cappella.
La chiesa di sant'Antonio
I libri d'archivio segnalano solo l'esistenza di questa piccola chiesa: dicono che è dedicata sant'Antonio da Padova, ma non c'è accenno al suo passato storico che, senz'altro è strettamente legato con Spino e ne seguì le sorti, Quindi considerando che le nostre chiese antiche sono state più volte rimaneggiate per le molte distruzioni avenute nei secoli, il loro passato si può ricostruire attraverso il messaggio culturale di ciò che è rimasto, Questa chiesetta, anche se probabili restauri ne avranno modificato l'aspetto originale, conserva ancora la classica semplicità e la struttura di un tempo piuttosto lontano: il soffitto, che è a cassettoni, le finestre, che aumentano gradatamente di ampiezza dall'esterno all'interno per dare più luce, e la facciata, con un solo rosone centrale.
L'altare la bella cornice in gesso del grande quadro di sant'Antonio sembrano, invece, di stile barocco. Il confessionale, l'illuminazione laterale, i quadretti della via Crucis sono stati inseriti molto più tardi, così pure le decorazioni attorno alle finestre. La sacrestia è nello stesso locale e consiste in un armadio a muro a lato dell'altare; non c'è il campanile, ma una semplice campanella esterna.
La chiesetta è incorporata nella cascina Canova e si dice che venne costruita dopo che un'alluvione dell'Adda lasciò in quel luogo un grandissimo quadro di Sant'Antonio, ormai sostituito perché è rimasta solo la prima vera cornice in legno, molto rovinata e senza dipinto, distrutto dal tempo.